Resa Incoterm EXW: il “falso amico” dell’export italiano

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“Il 73% delle esportazioni italiane avviene in resa Franco Fabbrica, con l’illusione di una maggiore semplicità, ma sono vantaggi illusori che nascondono costi e rischi nascosti”

L’edizione 2021 dell’evento Shipping Forwarding & Logistics meet Industry #SFLMI2021, appuntamento annuale dedicato all’incontro tra il mondo della logistica, dei trasporti ed il mondo dell’economia produttiva italiana, ha dedicato uno speciale approfondimento alla resa EXW.

 

Le motivazioni alla base della scelta Incoterm EXW

Durante l’evento, il Professore di UniMi Marco Lopez de Gonzalo ha sottolineato l’aspetto culturale della questione exw, ovvero che il trasporto è in genere vissuto come un problema più che come un’opportunità, che il produttore tende a delegare, sentendosi falsamente al riparo dai rischi della logistica.

Le PMI italiane tendono ad optare per la resa franco fabbrica in quanto:

  • la considerano “un modo efficace per mantenere basso il prezzo evitando di integrare nell’offerta i costi di trasporto e destinazione”
  • la considerano “un modo efficace di cedere all’acquirente il rischio connesso alle operazioni logistiche e doganali”
  • “non vogliono/ non sono in grado di assumersi l’onere di seguire il processo di trasporto fino a destinazione” (Pietro Costa, Promos Italia,  #SFLMI2021)

 

È proprio cosi? Ecco perché siamo di fronte ad un “fake friend”

Partiamo dalla definizione di resa EXW. “Franco Fabbrica significa che il venditore effettua la consegna al compratore quando mette la merce a disposizione del compratore nel luogo convenuto (come una fabbrica o un magazzino) e quel luogo convenuto può essere o meno il locale del venditore. Affinché la consegna si consideri effettuata, il venditore non ha l’obbligo di caricare la merce sul veicolo di prelevamento, né di sdoganarla all’esportazione, laddove tale sdoganamento sia previsto” (Incoterms 2020 by the International Chamber of Commerce, pag.33).

Di fatto, il compratore non si occupa mai della caricazione e dello sdoganamento: è prassi comune che sia la ditta esportatrice ad occuparsi di movimentare, caricare e sistemare la merce a bordo del mezzo, in quanto scelta più razionale e più facilmente gestibile. Per quanto concerne lo sdoganamento, pur essendo parte dell’obbligazione del compratore estero, quest’ultimo non può essere considerato “esportatore” nell’espletamento delle formalità doganali di uscita, in quanto non residente nella UE.  Il venditore figura così nei documenti doganali come esportatore ufficiale, risultando anche “l’unico obbligato nei confronti dello stato per ogni eventuale irregolarità e/o omissione sia tecnica che tributaria” (Vi invitiamo a leggere il nostro precedente approfondimento).

In sostanza, scegliendo di vendere Ex-Works, il produttore non è esente dall’assunzione di rischi riguardo al caricamento, al trasporto della merce o in caso di mancato ritrovamento della dichiarazione doganale (o ritrovamento dopo 90 giorni dalla data di cessione delle merci) al fine della “non imponibilità Iva”.

Inoltre:

  • “Non conosce e dunque non controlla il prezzo dei prodotti nei mercati di sbocco”
  • “Non può sapere se i servizi logistici sono all’altezza della qualità del proprio prodotto” (da intervento di Silvia Moretto, presidente Fedespedi e vicepresidente vicario di Confetra)

 

Quali sono le possibili alternative alla resa EXW?

Un’alternativa già più sostenibile è l’utilizzo della resa incoterm FCA (franco vettore), che offre una maggior tutela in quanto l’esportatore carica la merce sdoganata all’esportazione presso il proprio magazzino o comunque consegna la merce in un luogo terzo, sempre sdoganata all’esportazione.

Ancora più vantaggioso è l’utilizzo della resa CIF che consente un maggior controllo sulla merce in partenza e relativa documentazione, complice il confronto diretto con il proprio spedizioniere di fiducia. La copertura assicurativa a carico del venditore aiuta inoltre ad evitare possibili contenziosi e ripercussioni commerciali. Tutti questi elementi contribuiscono ad offrire un prodotto finale migliore.

Un’ultima importante riflessione.

“Rinunciare a controllare la logistica delle proprie merci, significa rinunciare al controllo dell’ultimo anello della catena di produzione” (Aldo Negri, Gruppo Finsea): delegare a terzi la supply chain porta valore al di fuori del Pil italiano e danneggia il Made in Italy.

 

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